Poesia

Testamento di Tudor Arghezi

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Scritto da surya


Non ti lascerò averi alla mia morte

un nome sopra un libro, niente di più

Nella notte ribelle che giunse

fino a te dai miei antenati,

attraverso abissi e burroni,

da dove risalirono strisciando i miei padri,

verso di te cominciò a marciare il mio libro:

Figlio mio, i miei ti aspettano,

Poni questo documento sul tuo cuscino.

E' la prima volta che si espressero

i servi dalle rozze tuniche

E' la parola delle loro ossa riversatesi

in me stesso.

Perché oggi per la prima volta

si trasformi la vanga in penna

e la terra in calamaio

I nostri antenati impastarono

il sudore del lavoro di secoli.

Con rude voce, parlando ai buoi,

diedi vita alle parole nuove

cullate dalla ninna nanna del mattino

Poi impastando i lunghi tempi duri

plasmai la forma degli idoli e dei sogni

Trasformai gli stracci in corone

e quando trasformai il veleno in miele

la dolce forma si mantenne intatta

filato con il filo dell'insulto

tessei la gentilezza e la blasfemia

E nei saloni patrizi la cenere dei morti

si tramutò in un Dio di pietra

In questa alta frontiere dei mondi

fu mio dovere vegliare da questa altitudine

Le mie amare tristezze, i miei dolori,

si accumularono in un solo violino

al cui suono solo il signore può ballare

come un agnello sgozzato.

Dal fango, dalle piaghe, dall'orrore,

feci rinascere la bellezza.

La frusta di ieri oggi è parola

è il dolce castigo del figlio

per i crimini di tutti, é la sua prigione

E' il diritto di un ramo oscuro

che si innalza dalla selva verso una stella

e così come un grappolo di verruche

annuncia il frutto di un dolore umano

Pretenziosa, sdraiata sul sofà,

ahi, la principessa soffre a causa del mio libro.

Perché lettere di fuoco e di ferro,

si sposano e si fondano

come il ferro incandescente e la tenaglia.

Il servo lo scrisse. Il signore lo legge

senza riuscire a vedere in fondo alle mie lettere

la rabbia dei miei antenati.

Versione di Pablo Neruda

 

 

 

 

Testamento di Tudor Arghezi

 

Alla mia morte non ti lascerò i miei averi:
non altro che un nome, chiuso in un libro.
Nelle tenebre in rivolta,
che dai miei avi arrivano fino a te,
i miei padri strisciarono come animali
lungo dirupi e precipizi,
che ora aspettano te, mio giovane figlio:
il mio libro è un gradino per risalirli.

Mettilo al capo del letto
con devota pietà: è la carta più antica
della liberazione
di voi servi dai rozzi mantelli
pieni delle ossa riversatesi in me.

Ora possiamo mutare per la prima volta
la zappa con la penna e il solco in calamaio
perché i nostri avi, tra i buoi dorati,
raccolsero il sudore
del lavoro di centinaia d’anni.
Dalle loro voci che incitavano gli armenti
ho creato misure, accordi di parole
e culle per i padroni futuri:
e per migliaia di settimane,
lavorandole come il pane, le ho trasformate
in sogni e icone. Dagli stracci
sbocciarono gemme e ghirlande.
Ho mutato in miele il veleno ricevuto,
lasciando intero il suo dolce potere.
Filando lievemente l’offesa
ne ho fatto persuasione e bestemmia.
Ho preso dal focolare la cenere dei morti
per alzare un dio di pietra,
alto confine con due mondi sui pendii
che vegli in cima al tuo dovere.

Il nostro dolore sordo e amaro
l’ho raccolto su un solo violino:
il padrone ballò alle sue note
come un capro che viene sgozzato.
Dalle piaghe dalle muffe dal fango
ho fatto nascere bellezza e nuovi valori.
I colpi di frusta si mutano
in parole lente, castigatrici
che perdonano ai figli
il delitto che fu di tutti.
Questa è la giustizia resa al ramo
oscuro uscito dalla foresta al sole,
ramo da cui spunta come grappolo di nèi
il frutto della pena di tutta l’eternità.

Pigramente sdraiata sul divano
la giovane principessa
soffre dentro il mio libro.
La parola di fuoco e quella formata ad arte
si uniscono nella pagina come
la tenaglia abbraccia il ferro rovente.
Il servo l’ha scritta, il signore la legge
e non vede che nel suo profondo
c’è tutta la collera dei miei antenati.

Versione di Salvatore Quasimodo

 

 

Copyright 2011 Testamento di Tudor Arghezi. Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported.
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