Poesia

La vispa Teresa da grande di Trilussa

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Scritto da Roberta

 

Edward Atkinson Hornel

Se questa è la storia che sanno a memoria
i bimbi di un anno, pochissimi sanno
che cosa le avvenne quand'era ventenne.
Un giorno di festa la vispa Teresa
uscendo di chiesa si alzava la vesta
per farsi vedere le calze schiffonne
che a tutte le donne fa molto piacere.

Armando, il pittore, vedendola bella,
le chiese il favore di far da modella.
Teresa arrossì, ma disse di sì.
"Verrete?" - "Verrò: ma badi però..."
"Parola d'onore!" rispose il pittore.

Il giorno seguente, Armando, l'artista,
stringendo furente la nuova conquista
gridava a distesa: "T'ho presa, t'ho presa!"
A lui supplicando Teresa gridò:
"Su, su, mi fai male la spina dorsale:
mi lasci che anch'io son figlia di Dio...
Se ha qualche programma ne parli alla mamma..."
A tale minaccia Armando tremò,
dischiuse le braccia, ma quella restò.

Perduto l'onore, sfumata la stima,
la vispa Teresa, più vispa di prima,
per niente pentita, per niente confusa,
capì che l'amore non è che una scusa.
Per circa tre lustri fu cara a parecchi:
fra giovani e vecchi, oscuri ed illustri,
la vispa Teresa fu presa e ripresa.
Contenta e giuliva s'offriva e soffriva.
(La donna che s'offre,se apostrofa l'esse,
ha tutto interesse a dire che soffre.)

Ma giunta ai cinquanta, con l'anima affranta,
col viso un po' tinto, col resto un po' finto,
per trarsi d'impaccio dai prossimi acciacchi
apriva uno spaccio di Sali e Tabacchi.
Un giorno un cliente,
chiedendo un Toscano le porse la mano
così... casualmente.
Teresa la prese, la strinse e gli chiese:
"Mi vuole sposare?Farebbe un'affare!"
Ma lui, di rimando,rispose: "No, no!...
Vivendo e fumando che male ti fo'?
Confusa e pentita Teresa arrossì,
Dischiuse le dita e quello fuggì.

Ed ora Teresa, pentita davvero,
non ha che un pensiero: d'andarsene in chiesa.
Con l'anima stracca si siede e stabacca,
offrendo al Signore gli avanzi di un cuore
che batte la fiacca.
Ma, spesso, fissando con l'occhio smarrito
la polvere gialla che resta sul dito,
le sembra il detrito di quella farfalla
che un giorno ghermiva stringendola viva.

Così come allora, Teresa risente
la voce innocente che prega ed implora:
"Deh, lasciami! Anch'io son figlia di Dio!"

"Fu proprio un bel caso!"sospira Teresa,
fiutando la presa che sale nel naso.
"Se qui non son lesta mi scappa anche questa."
E fiuta, e rifiuta, tossisce e sternuta:
il naso è una tromba che squilla e rimbomba
e pare che l'eco si butti allo spreco...
Tra un fiotto e un rimpianto,tra un soffio e un eccì,
la vispa Teresa...
. . . . . . . . . . . . . . . .
lasciamola lì.
Copyright 2011 La vispa Teresa da grande di Trilussa. Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported.
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