Medicina
Storia delle origini della medicina Celtica
L'arte della medicina seppure nella sua forma primordiale fu ampiamente praticata dalle popolazioni celtiche. L'esercizio della medicina era affidato ai saggi e sapienti sacerdoti chiamati Druidi.
Con il nome di Celti indichiamo le antiche popolazioni dei Galli e dei Belgi; i primi almeno inizialmente vivevano in Francia, nella regione compresa tra i fiumi Senna e Garonna; con un primo flusso migratorio si stabilirono in Inghilterra, mentre in Francia furono rimpiazzati dai Belgi che precedentemente erano stanziati nella regione compresa tra i fiumi Senna e Reno.
Usavano il vischio della quercia considerato una pianta sacra e sicuro rimedio contro tutti i veleni e la sterilità. Celebravano con grandi feste la cerimonia del raccolto che avveniva all'inizio dell'anno. Plinio il Vecchio nella sua “ Naturalis Historya “ fu tra i primi a descrivere con dovizia di particolari questa importante cerimonia druidica. All'inizio dell'anno gallico, dopo il solstizio d'inverno, il sesto giorno di luna, i Druidi convocavano da ogni parte i fedeli, i quali in moltitudine giungevano nei luoghi sacri, disputandosi l'onore di assistere a questa specie di giubileo che avveniva nei boschi dove cresceva la Quercia Sacra, lo stesso luogo dove i Druidi celebravano le loro assemblee, pronunciavano i loro giudizi e i loro riti espiatori. La solenne cerimonia iniziava con una maestosa processione, aperta dal coro dei leggendari Bardi, incaricati di cantare le prodezze degli eroi e gli inni in onore di Odino e dei Teutates ( Albiorix re del mondo e Catorix re della battaglia ), seguivano gli Eubaghi, i sacrificatori e gli auguri che seguivano i due torelli bianchi adornati con ghirlande, le vittime sacrificali. Seguiva l'Eraldo o maestro d'armi, vestito di una tunica bianca e con un casco alato in testa; recava in mano un ramoscello di verbena attorno al quale erano avvolti a spirale due serpenti simbolo del potere. L'Eraldo guidava i giovani novizi iniziati ai misteri e alle inflessibili leggi sacerdotali. In testa ai novizi c'erano i tre Druidi più anziani che recavano gli emblemi e gli oggetti sacrificali. Dietro tutti veniva vestito di una tunica bianca , il re pontefice Gran Druido, primo sacerdote e giudice supremo allo stesso tempo, che incedeva con passo lento, la barba bianca e lunga, la folta e lunga capigliatura gli conferivano un'aspetto maestatico, ampliato dal gran numero di altri Druidi che lo circondavano, e che avevano il compito di studiare le stelle e i movimenti del cielo, così come racconta Giulio Cesare nel suo “ De Bello Gallico “per indagare sulla natura delle cose, e approfondire l'essenza e il potere degli dei mortali, per poter trasmettere le loro osservazioni e i principi agli iniziati. Chiudeva il grande corteo la nobiltà o razza guerriera e infine la gente del popolo che se ne stava in ansiosa aspettativa per l'anno nuovo, nel silenzio della notte, nel buio della foresta, rischiarato dalla fiamma delle torce e dal tremolante fulgore delle stelle. Questo corteo così composto si addentrava nella foresta diretti ai piedi della Quercia Sacra dove i sacerdoti avevano scoperto il Vischio Sacro, portatore di buona novella e benedizione per l'anno nuovo. Li si fermava il corteo. Si avvicinava allora il Gran Sacerdote, pronunciava una preghiera che la moltitudine ascoltava con fervore profondo e poneva del pane sul fuoco dell'ara sacrificale dopo avrlo asperso con acqua benedetta. Saliva allora sulla Sacra Quercia e con un falcetto d'oro recideva il Vischio che venivano raccolti in un drappo bianco sostenuto dai sacerdoti rimasti a terra. Il Vischio veniva collocato sul dolmen ed esposto all'adorazione dei fedeli. I Bardi cantavano, il silenzio della notte era rotto dal clangore delle armi dei guerrieri che improvvisavano finte battaglie. Il Gran Druido discendeva dalla Quercia Sacra, faceva una nuova preghiera o arenga e terminava la cerimonia con i sacrifici dei due torelli bianchi, immolati alle divinità sopra la pietra dell'olocausto. Il nome Vischio in Celtico è traducibile con “ Gwydd “ che significa “ la pianta per eccellenza “. Le virtù terapeutiche e magiche attribuite dai Celti a questa pianta probabilmente deriva dal fatto che è l'unica pianta che parassita la Quercia, albero sacro per i Druidi, con le cui fronde facevano ghirlande da indossare durante i riti celebrati sotto le Querce Sacre.
Crescendo su un albero dai poteri magici, anche il Vischio diventa magico, l'unica pianta che sopravvive alla morte invernale, traendo linfa vitale dalla forte Quercia, simbolo per eccellenza della forza della natura e albero caro al Dio Thor, pilastro tra cielo e terra, abitazione degli spiriti del bosco e delle divinità, diventa una pianta forte e sacra, assorbe lo spirito e la potenza della Quercia. Il Vischio che da i suoi frutti all'inizio dell'anno lunare, nel cuore dell'inverno, quando il sole è basso, quando la potenza della luce è ridotta al minimo, è il trionfo della Luna sul Sole. E' questo il momento opportuno per appropriarsi della forza della grande Dea per beneficiarne durante tutto l'anno. Ma la Luna per i Celti era anche il simbolo della fertilità, quindi il Vischio era un dono della Luna fatto agli uomini garantendo la fecondità a loro e alle loro bestie. Comunque il mito del Vischio non va comunque disgiunto dalla sua pianta ospite, la Quercia, elemento maschile con la quale integra tutta una serie di miti lunari e solari. Questa pianta che durante la cerimonia veniva distribuita ai fedeli,doveva evitare il contatto con il suolo, il Vischio avrebbe perduto i suoi poteri toccando la terra, la forza della Luna sarebbe stata assorbita avidamente dalla terra perdendo tutte le sue proprietà. Oltre al Vischio consideravano dotate di virtù terapeutiche la pianta della Sabina, una pianta della famiglia dei ginepri, detta anche “ pianta dannata” o “Cipresso dei maghi “ nome attribuitogli a causa del fiorire di numerose leggende di maghi e streghe. Era tenuta in gran conto dai Druidi proprio per le sue presunte virtù magiche, oggi noi sappiamo che invece è una delle piante più pericolose, con effetti devastanti su stomaco e reni se assunta in dosaggi non terapeutici. Anche alla Verbena venivano attribuite proprietà terapeutiche a causa dei suoi caratteri magici e soprannaturali. Considerata una pianta sacra e simbolica, i Druidi la veneravano quasi come il misterioso Vischio e la sua raccolta avveniva con grandi cerimonie e riti pari a quelli celebrati per l'anno nuovo con la raccolta del Vischio.
I sacerdoti officianti non potevano toccare con le mani la Verbena per raccoglierla, il raccolto era permesso solo in una certa ora della notte e solo dopo aver fatto un sacrificio espiatorio. Si servivano di questa pianta considerata una potente alleata contro tutte le malattie, anche per fare gli scongiuri e per i loro atti divinatori. Si pensava che questa pianta avesse la proprietà di esaltare l'allegria, riconciliare i nemici, aumentare la forza di volontà, curare tutte le febbri e un grande numero di malattie, per questo le popolazioni Celtiche, fedeli a questa tradizione avevano sempre in casa alcuni rametti di Verbena. Nelle importanti processioni notturne che formavano per dirigersi verso il Bosco Sacro, il Gran Druido ( Sommo Sacerdote ) era sempre preceduto da un araldo che recava in mano un ramoscello di verbena.
I Druidi erano giudici, legislatori, indovini, officianti durante i riti sacrificali degli antichi Galli, si ignorano ancora le loro origini, tutto quello che si racconta di loro è circondato da un alone di mistero e di mistificazione, praticavano l'arte divinatoria traendo presagi dal volo degli uccelli o dalle viscere degli animali sacrificali. Erano divisi in tre classi, i Druidi propriamente detti che si occupavano della legislazione, gli Eubaghi che studiavano la natura e i Bardi che si dedicavano alla poesia e alla storia. Nessuno conosceva i loro segreti; segreti che venivano trasmessi nel folto del bosco, lontano dai villaggi abitati, solo a coloro che erano destinati a succedere ad un altro Druido. Avevano un lunghissimo periodo di noviziato lungo vent'anni al termine di tale periodo potevano essere ammessi ad esercitare come praticanti. La lunghezza del periodo di apprendistato, l'impossibilità ad attingere a forme scritte delle loro arti mediche avevano fatto si che molti millantatori avvicinassero le popolazioni Celtiche proponendo i loro rimedi. Molti di loro infatti pur spacciandosi per Druidi erano in realtà degli impostori, questo era un fenomeno abbastanza comune all'epoca, infatti gruppi di pseudo-Druidi girovagavano di villaggio in villaggio per lasciar credere ai Celti di avere il potere di conferire con le divinità.
I veri Druidi si affidavano pochissimo alla scrittura, la loro scienza era racchiusa in tre principi fondamentali: allegria, temperanza, esercizio.
Le loro donne esercitavano l'arte della magia preparando pozioni magiche e interpretando i sogni e praticando una rudimentale forma di ostetricia. Si dice che le genti galliche, quando erano affetti da qualche grave forma di malattia, offrivano agli dei dei sacrifici, immolando vittime umane, i Druidi avevano anche l'incarico di officiare a questi deplorevoli sacrifici. Così si tramandò la medicina tra queste popolazioni, finché furono sottomesse da Tiberio e Claudio che decretarono l'estinzione di questi sacerdoti perché esercitavano arti illecite.