I miti gli eroi e le leggende del passato
La leggenda del thè
Sulla origini della pianta del thè, ci sono giunte molte storie e leggende. Qualche tempo fa avevamo raccontato la storia di Shennong “ L'Imperatore Rosso o il Divino Agricoltore”, il quale scoprì casualmente le virtù miracolose di questo piccolo arbusto della famiglia delle Cameliacee. Questo racconto di Juan Cervera y Bachiller, attribuisce al thè un'origine ancora più nobile, è infatti un dono di Po, una delle reincarnazioni di Buddha (vedi biografia del Buddha storico), a gli uomini. La storia scritta nel 1879, é godibile e da una attenta lettura si nota subito che la pianta del thè è solo un pretesto per narrare la leggenda di Buddha.
I
Po è il più grande e il più potente. Anche Manu il legislatore lo ha detto. E Manu è Saggio.
Per lui le cose più occulte sono trasparenti come le acque cristalline del lago dove si immergono la anime che abitano il Devaloka, il quinto paradiso; da quelle acque riemergono gioviani e con rinnovato vigore. Lui ha letto nel sacro fiore del loto i misteri reconditi della natura.
E in questa notte che la luna dorme, guidato dalla luce splendente delle stelle, ha decifrato le Sacre Scritture che il dito dell'Essere Supremo ha tracciato sopra il vestibolo aureo dell'Edificio Invincibile, dove ha il suo trono di diamante la Sapienza che purifica il cuore ed è il centro di tutti gli esseri.
Per Po, è la lode che discendendo dal seno di una donna, ha insegnato agli uomini il cammino della giustizia. Il possente Gange non è che un misero ruscello sulle ali del suo cavallo volante.
Un solo colpo della sua spada ha abbattuto il gigante che tormenta gli uomini. Il Sole brilla come un diadema celeste sopra la sua fronte. La luce del suo sguardo è la torcia che risplende senza mai spegnersi sopra la cima della Montagna d'Oro. La sua impalpabile ombra allontana il drago nemico della Luna. Egli ha insegnato agli uomini che il vero merito consiste nel conoscere se stessi.
Egli ha detto che colui che domina tanti uomini è potente, però è più forte, è veramente il più forte, colui che domina se stesso; la violenza passa come passa il sole sopra la cima della montagna, solo le buone azioni, la virtù e l'umiltà lasciano un ricordo indelebile nella memoria degli uomini.
Non basta conoscere la virtù, hanno detto i suoi messaggeri, è necessario praticarla per assaporarne la sua dolcezza e la sua allegria; perché per morire serenamente è necessario aver vissuto onestamente. L'uomo che ama la verità e la cerca non devierà mai dal suo cammino verso la giustizia.
Per la Natura tutti gli uomini sono uguali: solo l'educazione, la scienza e la virtù elevano gli uni sopra gli altri. La ricchezza e gli onori che si acquisiscono attraverso i sentieri dell'iniquità sono come le nubi che fluttuano sopra la testa degli uomini e passano oltre, senza pensare che l'avvenire si sta già approssimando con tutto il suo carico di male. Il principe che non guida il suo popolo con lo scettro della ragione e della giustizia, vedrà presto il giorno della disobbedienza e della vendetta. Per conquistare l'amore della gente è indispensabile onorare gli uomini, la cui rettitudine non cede di fronte all'oscurantismo dell'ignoranza né alle lusinghe degli iniqui.
II
Tutte queste cose erano ignorate dagli uomini, perché l'iniquità si era estesa sopra la terra come una peste maligna; dalla bocca di Mara, il Dio delle tenebre era spirato il vento dell'oblio.
Impietosito Po dallo stato dell'umanità, desideroso di tendere la sua potente mano a quelli che navigavano nella palude impura della cecità e dell'ignoranza, risolvette tornare di nuovo sulla terra, nella sua terza incarnazione e trasformazione, per redimere gli uomini e avvicinarli al Grande spirito dell'intelligenza, unità e saggezza.
Per portare a compimento questa grande opera, per confondersi con gli uomini e identificarsi con loro, Po scelse il seno di Maya, la sposa del re Suddhodana, la graziosissima donna la cui bellezza oscurava perfino il Sole e i cui occhi radiosi erano più neri di una notte senza Luna.
III
Una notte Maya era dolcemente addormentata, quando fece un sogno indecifrabile.
Udì una musica dolcissima e un coro di voci argentine, vide un piccolo elefante bianco che le entrava nel fianco destro, circondato da un'aurea di splendore che attraversava maestosamente l'aria, riempiendo di luce il mondo intero: una pioggia di fiori di una fragranza mai sentita prima era caduta ai suoi piedi. Fu così che quella visione magica si avvicinava sempre di più fino a giungere al capezzale di Maya profondamente addormentata.
Allora il coro celeste intonò il suo canto più melodioso e poco dopo, elefante, coro e aurea splendente sparirono come per incanto. Maya fu colta da un'angoscia profonda, si risvegliò immediatamente, tremando come una foglia che cade dall'albero quando l'inverno bussa alle porte della Natura. Il re, turbato dal racconto del sogno che gli fece la sua sposa l'indomani, si affrettò a convocare gli indovini del regno affinché potessero spiegare il senso misterioso di quella visione inaspettata. Gli indovini dissiparono i suoi timori annunciando che quel sogno era messaggero di buone novelle; lo spirito celeste era disceso nel grembo della sua sposa, la quale avrebbe avuto un figlio destinato a liberare le dieci parti del mondo dall'oscurità in cui giacevano e a gettare tra gli uomini il seme della verità. Un giorno, quando il Sole entrava nel solstizio d'inverno, Maya, ispirata da una volontà divina, abbandonò il palazzo del re suo sposo e lasciandosi alle spalle la città, si addentrò nella foresta e sedette all'ombra di un albero gigantesco. Una stella luminosissima apparve nel cielo e dalla terra spuntarono i fiori: Maya reclinò la testa e Po uscì dal grembo materno senza procurarle alcun dolore, come un sospiro che scappa dal petto. Gli Dei e i Geni circondavano il bambino e la felice madre che lo aveva partorito; il re Suddhodana gli rese omaggio, gli uomini in una moltitudine incalcolabile, l'adoravano acclamandolo il Dio degli Dei, la luce delle luci e il rigeneratore degli uomini. Prodigi meravigliosi accompagnarono la sua nascita, annunciando al mondo la sua grandezza. La terra tremò di allegria. Le montagne facevano giravolte attorno alla loro posizione. Gli alberi secchi si ricoprirono di foglie, e dai fiori marciti spuntarono nuovi germogli.
I fiori del loto, figli delle acque, germogliarono improvvisamente nella gelida pianura.
I venti sospesero la loro eterna corsa, le nubi che velavano il cielo corsero ad occultarsi negli abissi.
Gli astri fermarono il loro corso e la perla divina della luna piena discese sopra il misterioso infante per illuminarlo con la sua luce risplendente.
Gli Dei riempivano il carro di profumata rugiada con le sette cose preziose e cinquecento elefanti bianchi e altrettanti leoni, vennero a prostrarsi innanzi alle porte del palazzo di Suddhoana, dove Po dormiva il suo primo sonno, vegliato da diecimila vergini che agitavano ventagli di piume di pavone reale per tenere lontano le mosche.
Una dolcissima armonia risuonava da tutte le parti, gli uccelli intonarono il loro cinguettio scuotendo le coloratissime ali; cessarono completamente i terribili supplizi che tormentavano i condannati alla tenebrosa regione dei “ Trentadue inferi “ regno di Yanlu l'inesorabile. Dalla più tenera età, Po, il bambino inviato dai mondi immutabili, meravigliò gli uomini con la sua sapienza incomparabile e l'austerità dei suoi costumi che ovunque lasciavano l'impronta della virtù e il profumo della verità.
Così passarono gli anni della sua infanzia e gli albori della sua giovinezza, consacrati al bene e alla meditazione. Un giorno Po volle riunire attorno a se tutti i suoi e così parlò loro: “Tutto quello che esiste non è altro che un illusione, un sogno, un eco; è giunto il momento di allontanarmi da voi, perché io sono venuto per fare penitenza ed espiare le colpe degli uomini, predicare la verità ai ciechi il cui cuore è chiuso alla luce”.
Chiamò il suo scudiero ordinandogli di sellare il suo cavallo Kantakanam, più bianco di una colomba; montò su e con un unico salto attraversò il Gange per addentrarsi nel deserto.
Li si spogliò delle sue ricche vesti che sono solo la coperta del corpo, e dei suoi affetti che sono i vestiti dell'anima e scomparve nella montagna, iniziando la sua vita di penitenza, di solitudine di macerazione, per poter insegnare agli uomini con il suo esempio, prima di iniziare a parlare di parole di vita. Sei anni durò la sua penitenza, giungendo la sua austerità e il suo amore per il prossimo a fare di lui un oracolo per la gente che andava ad ascoltarlo nei paesi dove passava e attrarre un numero infinito di discepoli, ansiosi di apprendere la sua dottrina e di raccogliere perle di verità dalle labbra la cui parola, soave e commovente come il mormorare del ruscello che corre attraverso i giunchi della prateria, dominava la moltitudine assorta e la trascinava dietro di se come la rondine trascina i suoi piccoli rondinini per insegnare loro a volare. La sua sapienza era come rugiada profumata per gli ignoranti, e i più saggi e i più potenti si sentivano piccoli di fronte alla grandezza di quell'essere misterioso che sapeva andare sopra le acque contro la corrente e farsi invisibile davanti alla moltitudine, trasformandosi in impalpabile ombra. Il suo potere era tanto grande, che la fama dei suoi prodigi si era sparsa per la terra e le isole più lontane, e da tutte le parti accorrevano a lui in cerca di luce e allegria I ciechi si stringevano attorno a Po e Po gli dava i suoi occhi affinché tornassero a vedere. Il suo intuito leggeva le cose occultate nelle pieghe più nascoste dell'anima, il suo sguardo radioso stappava via la maschera d'oro della menzogna. Un giorno che parlava con gli increduli nel mezzo di una moltitudine di re, dignitari e di figli del popolo, una certa donna, bella solo come può esserlo una creatura di Mara il padre dei geni malefici, ispirata dai nemici del Sacro Profeta, sistemò la sua tunica in modo tale da sembrare incinta; presentandosi davanti alla folla, accusò, piena di furore, Po di essere lui la causa della sua sventura, avendone violato la sua casta bellezza.
Però gli Dei sono giusti. Inviarono un topolino i cui denti aguzzi rosicchiarono i legacci che aveva collocato sopra il suo ventre quella figlia dei draghi; lasciando cadere i vestiti e il cuscino che era servito per simulare la sua maternità, scoprendo la menzogna.
E Po fu elogiato e acclamato dalla folla, mentre la terra scoprendo le sue viscere, inghiottiva l'impostora che giammai tornò a vedere la luce della Luna, che è l'allegria e la torcia dei credenti.
Questo, però non fu sufficiente a far cessare le persecuzioni da parte del tentatore degli uomini, a colui che era il soffio dell'Intelligenza Suprema e maestro della legge.
Riunendo nel suo palazzo dalle terribili ombre la turbe di geni che lo aiutano a conquistare la terra, si accordò con loro per mettere alla prova l'austerità del grande Po e sconfiggere il suo potere. Allora, tre figlie di Mara, dal sorriso infernale, dalla voce affascinante come il flauto di un incantatore di serpenti, e con l'attrattiva più irresistibile di un esercito di soldati a cavallo degli elefanti giunsero nel mondo degli uomini, radianti di bellezza e di splendore giovanile si presentarono a Po, giurandolo di servirlo come schiave, delizia del suo signore. L'anima di Po rimase, senza esitazione, dura e incorruttibile come un diamante del Goconda, puro come una perla di Ceylon. Alzò gli occhi al mondo del sole, stese la sua mano verso le figlie di Mara, e quelle giovani donne, poco prima tanto erette e tanto fresche come un arancio in fiore, si trasformarono in vecchie dall'aspetto ripugnante curve sotto il peso degli anni. Quando Mara le vide ritornare così, i suoi occhi brillarono di ira come il fulmine che fende le torri di porcellana in una notte di tempesta; e bramando come il mare in burrasca, si mise alla testa di due milioni di demoni, e si precipitò sulla terra, assumendo le forme di tutti gli animali più orribili e feroce per terrorizzare Po e abbattere quel cuore indomito.. Però né le visioni più ripugnanti né i fantasmi più imponenti, ne i brutali assalti di quella piaga degli abissi, riuscirono a mettere la paura nel cuore del predestinato, che, con umiltà e con pazienza incomparabile e con la sua parola piena di dolcezza, uscì vincitore da tutti i combattimenti e da tutti gli assalti.
V
Da quel giorno Po poté continuare la sua missione, diffondendo la luce ovunque, conquistando il cuore degli uomini come un'eroe trionfatore, cambiando la faccia della terra con la rugiada della verità che sgorgava dalle sue sacre labbra; finché giunto al termine dei suoi giorni, dopo aver benedetto i suoi discepoli fedeli, si addormentò per ritornare in seno all'immensità, centro degli esseri e trono della sua grandezza. Aveva terminato la sua missione sulla terra.
Il suo ricordo e la sua dottrina purificano ancora la coscienza degli uomini, come il profumo dell'albero di sandalo profuma l'aria delle valli.
VI
Però l'oblio è l'oppio che addormenta l'anima, il cuore degli uomini si piega come si piega la canna del bambù sotto il vento. Ci furono tiranni che non vollero leggere nello specchio della verità, e che, chiudendo gli occhi alla luce, posero ostacoli alla propagazione della buona novella e all'introduzione del sacro seme nei loro imperi.
Le terre bagnate dall'Indo e dal Gange videro più di una volta correre il sangue degli apostoli e dei discepoli di Po, la stessa Kapila, la città sacra dove i suoi occhi videro la luna per la prima volta, fu distrutta. Gli Imperatori Kao- Tzu e Wen- Tsung comandarono più di una volta di disperdere i sacerdoti buddisti, confiscare le loro ricchezze e distruggere le loro sontuose pagode; e il venerabile Ho Hai Ji, il fondatore del tempio della Grande Luna, trovò la morte per mano dei sicari assoldati dalla graziosa imperatrice Wu Hue. Però il regno dei Dragoni durerà poco. Perché mentre le venerabili orme che il piede di Po aveva impresso nella roccia rimarranno sopra la cima della montagna Ba Keng, il suo nome sarà venerato, e le sacre leggi di Buddha Santo si estenderanno come la pioggia di primavera per le regioni che il Sole Levante indora. L'acqua, vivificando i semi, produca piante e fa crescere alberi giganteschi. Il sangue di coloro che sono morti per la legge genera altri profeti. Tutto passa, tutto torna al vuoto e tutto rinasce, Manu lo ha detto.
Po vide sterminare i suoi discepoli e pianse per la cecità eterna degli uomini. Allora inviò sulla terra nuovi apostoli che diffusero la sua dottrina a tutti i venti.
VII
Allora nacque Dharma il prodigioso. Una voce sconosciuta annunciò il momento del suo concepimento,e Po fece in modo che godesse del dono della parola ancora prima di nascere, nel ventre di sua madre. E allora uomini, si consegnarono interamente alla predicazione dei massimi misteri e delle Sante Leggi del Maestro; e il popolo li seguivano a frotte, adorando Po che li aveva inviati. Erbe e radici erano il loro unico alimento; il sole di giorno e la luna di notte li sorprendevano, in ognuno delle loro rivoluzioni, sempre assorti in profonda meditazione e nello studio dei Sacri Testi. Per non interrompere mai questa occupazione, tanto gradita a Po e tanto degna di colui che è nato per insegnare ai suoi fratelli non ancora toccati sulla fronte dal sigillo della Suprema Intelligenza, Dharma aveva giurato davanti alla presenza del Grande Spirito che mai si sarebbe consegnato al sonno che non vede correre il tempo e che è notte di morte per l'anima. Però Mara eterno nemico degli uomini, e serpente velenoso le cui spirali si ritorcono solo al nome di Po tese il suo laccio al venerabile Dharma, che cedendo ad una fascinazione irresistibile, cadde profondamente addormentato. Passato l'incantesimo Dharma aprì gli occhi alla luce. Allora pieno di afflizione per aver dimenticato i suoi voti, alzò lo sguardo al cielo; e prendendo con le mani quelle palpebre prevaricatrici, le strappò senza pietà gettandole lontano da lui. Po sorrise nel vedere l'energia di quella grande anima. Però, che sorpresa, appena toccarono la terra umida, germogliarono da esse come dal seme che si dischiude, due verdi arbusti carichi di foglie, che esalavano un aroma soave. Dharma, volendo ringraziare gli dei per quel dono, portò alla bocca alcune foglie di quella pianta; e trovandole gradite al suo palato, le mangiò, e dopo, un'altra e un'altra ancora. Dopo averle mangiate, senti che una dolce emozione avvolgeva tutti i suoi sensi; che un'allegria mai sentita prima inondava il suo essere, e che il suo cervello si sgravava del peso delle idee e acquisiva una lucidità che gli faceva penetrare il segreto delle cose occulte, vedere davanti a se un cielo senza nubi e leggere nel cuore degli uomini come in un libro aperto dalla mano di angeli d'oro. Allora cadendo a terra in ginocchio e versando lacrime di gratitudine, benedisse Po grande e potente, che aveva concesso quel tesoro inestimabile al suo umile servitore, e che con accento misterioso gli annunciava che quella pianta era il balsamo rigeneratore per gli uomini, dolcezza per le sue tristezze, raggio di luce che aprirà la sua cieca intelligenza allo splendore della verità e il suo cuore indurito all'allegria della virtù. Tutti i discepoli di Dharma udirono, l'indomani, dalle sue labbra il racconto del prodigio che la divinità aveva operato; e pieni di stupore e di rispetto, resero grazia a Po, il signore dei Geni e degli uomini, la cui luce dei suoi occhi ha acceso la torcia che arde inestinguibile sopra le alte vette della montagna di oro. Quella pianta meravigliosa e benedetta era il thè, i cui semi diffusero presto, in ogni parte della terra, Dharma e i suoi discepoli, dal giorno di quel prodigio videro crescere i loro seguaci come crescono i fiori della valle dopo che una pioggia primaverile ha fecondato la madre terra.
VIII
Da quel giorno il thè è l'ambrosia dei figli di Tsin e di quelli che abitano l'altro lato del Gange.
Geni alati dalla statura gigantesca e del colore dell'oro lo servono in coppe di bianca porcellana trasparente agli spiriti felici dei giusti che hanno meritato di abitare nei cinque paradisi.
Il suo aroma è la delizia del buon pellegrino che dalla terra più remota viene a visitare la montagna sacra e a baciare le orme che Po lasciò incise nella roccia delle sue vette increspate.
Graziose donnine, voluttuose come un sospiro d'amore, leggere come una piuma di rondine, e dallo sguardo radioso come un raggio di sole che rompe il cristallo dell'Oceano Indiano, servono il thè in abbaglianti tazze di diamanti e oro ai potenti della terra. Il thè da allegria e rinvigorisce le donne cinesi dai piccoli piedi e dagli occhi a mandorla. Anche le bianche donne dell'occidente, quelle dalle pupille nere come il tradimento e dai denti di madreperla, che sono le regine degli uomini dell'altro lato dei mari, fanno scorrere il thè in dorati fiumi di corrente profumata, nei fastosi banchetti con i quali ossequiano il bene amato del cuore. Po lo ha inviato agli uomini come un regalo del cielo.
Po è grande e potente. Che sia benedetto! Che la canna del bambù piegandosi sotto il vento gli rechi omaggio e che le nere rondini rinnovino le lodi.
IX
Questa è la leggenda del thè che i figli d'Oriente raccontano quando c'è la luna piena.
J. Cervera y Bachiller