Poesia

Le figlie del mare di Kahlil Gibran

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Scritto da Federico

 

Nella profondità del mare, di quel mare che circonda le isole, vicino ad Oriente, in quegli abissi dove abbondano le perle, giaceva inerte e senza vita il corpo di un giovane soldato;

li vicino sedute tra i coralli c'erano le figlie del mare, dai capelli d'oro; con i loro bellissimi occhi azzurri guardavano il corpo del giovane. Parlavano tra loro con voce armoniosa e musicale, quella conversazione fu udita dalle onde che la trasmisero fino alla riva del mare e da li la brezza l'ha portata fino alla mia anima.

 

Disse una di loro:

"Questo è il corpo di un umano, caduto ieri nel mare in burrasca".

 

Disse un'altra:

"No ieri il mare non era in burrasca, ma l'uomo che si considera simile agli Dei, si trovò coinvolto in una guerra tremenda che fece scorrere molto sangue e questo umano è una vittima di quella guerra".

 

Disse la terza:

"Non so cos'è la guerra, però so che l'uomo, dopo aver conquistato la terra, ebbe l'ambizione di conquistare l'oceano, inventò così degli strani strumenti e fendette le onde. Seppe Nettuno , Dio dell'oceano dell'intento aggressivo degli uomini, divenne furibondo e li minaccio,

allora gli uomini per placare la sua collera gli offrirono olocausti e doni, i resti mortali che abbiamo visto oggi, caduti dal mare, sono uno degli ultimi doni degli uomini per il potente Dio Nettuno.

 

Disse la quarta:

"Veramente Nettuno è molto grande, ma ha il cuore duro, se io fossi la regina del mare, non accetterei sacrifici cruenti.

Andiamo a vedere da vicino il cadavere di questo soldato, chissà se conosceremo meglio i segreti degli esseri umani?

 

Si avvicinarono le sirene al cadavere e in una tasca della divisa, vicino al cuore c'era una lettera. Una delle sirene l'aprì e iniziò a leggere.

 

 

John William Waterhouse - A Mermaid

 

Amore mio:

Già è passata la mezzanotte e ancora sono sveglia. Le lacrime sono la mia distrazione, la mia consolazione e la mia speranza per il tuo ritorno dagli

artigli della guerra.

Penso spesso a quello che mi dicesti nel momento in cui ti separasti da me;

"Tutti gli esseri sono i depositari di lacrime che un giorno dovranno restituire".

 

Non so amore mio quello che sto scrivendo, perché lascio la mia anima libera di vagare sopra la carta. Quell'anima addolorata per la separazione ma che trova conforto nell'amore, che sostituisce il dolore con il piacere e la tristezza con l'allegria.

Quando l'amore unì i nostri cuori ed eravamo prossimi a unire i nostri due corpi in un'anima sola ti chiamò la guerra. Obbedisti al tuo dovere verso la patria.

 

Ma che dovere è quello che separa gli innamorati, rende vedove le donne e lascia orfani creature innocenti?

Come si giustifica, questa patria, che per motivi e questioni così piccole, lancia il suo grido di guerra fino ad annientarsi, che dovere è quello che obbliga il misero e povero contadino ed esenta il nobile e il facoltoso?

Se questo è il dovere che causa discordia ed esclude la pace tra le nazioni... se questa è la patria perturbatrice della vita e della tranquillità dei suoi figli.. allora addio, mille volte addio, al dovere di patria.

 

No, no ! Perdonami amore mio non prendere sul serio quello che dico, sii coraggioso e amorevole verso la tua patria e non dare peso alle parole di una giovane; la passione mi accecò lasciandomi confusa per la separazione.

 

Se l'amore non ti farà tornare vicino a me, in questa vita, spero di riabbracciarti in un'altra vita, nella vita eterna.

 

Le sirene rimisero la lettera nella tasca vicino al cuore e nuotarono in silenzio con il cuore pieno di tristezza e quando si furono allontanate disse una di loro:

"Il cuore degli uomini è ancora più duro di quello di Nettuno.


Trad. dal Siriano al Portoghese di Jose' Mereb. Rio de Janeiro 1920

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