Poesia

Il Naufrago di Neera

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Scritto da Federico

 

 Poiché tutto è finito e sulla riva mesta

Un remo senza barca né vela è ciò che resta

Dell'amor, della fede, del lavoro paziente,

Della speranza altissima e della lotta ardente,

Riposa anima mia. Il vincitore armato

Un eroe non è sempre; ed è eroico il soldato

Che salutando gli ultimi bagliori della vita

Rassegnato, in un solco, stringe la sua ferita.

Anima mia rammenti come fìorian le rose?...

Quante ne colsi e quante le mie mani amorose

Ne gettarono a fasci, a ghirlande, a corone

Sulla, giovane prora? Qual giuliva canzone

Scioglieva il venticello entro la vela bianca !

Quanti auguri d'amici al momento in cui lanca

Vereconda di vergine che inceda ali altare

Ella, sciogliea guizzando nuova sposa del mare!

Oh ! le notti incantevoli ! Che dolce rapimento

Quando, lasciati i remi, sulla frangia d argento

Dell'onde ci danzavano intorno le murene

Evocando leggende di ondine, di sirene,

D'amori, di magie! Spumeggiava la chiglia

L'alighe travolgendo, la rosea conchiglia,

Mentre nel buio cupo perdevasi la duna

E la scìa filava dorata dalla luna.

E tu credevi ! Indarno alla tua ingenua festa

Qualche vecchio nocchiero crollato avea la testa.

Sapevi pur che esistono nembi di morte grevi,

E che il mare è perfido forse non lo sapevi?...

Ma tu amavi la lotta, anima mia, l'avesti

I tuoi trofei di guerra, guardali, son questi.

Un remo scompagnato e un cuore sanguinante,

Oli ! povere memorie ! oli ! illusioni infrante !

Vieni qui, vecchia compagna, solleva ancor la fronte,

Vieni, contiam le lagrime ed i perigli e l'onte.

Era scura la notte, mugghiava il vento, fine

Come lame tagliavano le saette il confine.

Dei cieli; e noi frattanto, muti, coll'occhio fìsso,

Nell'orrore sospesi di quel duplice abisso

Fatto gelato il sangue nella gelata vena

Strider sentimmo il primo schianto nella carena.

Quai gridi nelle tenebre ! Quali urli di fiere !

Glie paurosi fantasmi sulle nere scogliere !

Piegavasi la barca vinta dall'uragano

Con un gemito lungo che sapeva d'umano.

E cigolava il ponte, la poppa era squarciata,

Sferzando la carcassa fremeva l'onda irata,

La bianca vela sciolta dalle raffiche immonde

Come un alcione morto galeggiava sull'onde.

Oh! miei defunti, pace! Preghiamo anima mia,

Pei deboli preghiamo che restan sulla via,

Per chi cadendo leva ancor la fronte pura,

Per il bimbo che crede, per l'ateo che spergiura

Dolori nuovi attendono le vittime novelle,

Si raggruppano i nembi, congiuran le procelle....

Ma il cielo ora è sereno, tornato è il mar d'argento

E nuovi schifi tendono le bianche vele al vento !

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